Aveva un gallo

Ho conosciuto Edda a Mosca, per caso, un anno e mezzo fa. Stava aspettando il tram e ho visto che la punta del naso le si stava congelando, erano venti sotto zero. "Il Vostro naso, tovaricha", le ho detto, dandole del Voi perché era una donna. E lei "grazie tovarich" con un sorriso e uno sguardo che mi hanno fatto venire subito voglia di attaccarle un bottone, anche se era più alta di me di tutta una testa. Il pretesto me l'ha dato l'accento, poi una cosa ha tirato l'altra. Eravamo tutti e due stranieri, esiliati, comunisti appassionati di letteratura, ex studenti di arte e spettacolo che avevano poi scoperto altri interessi. Dopo mezz'ora di tram l'ho invitata a prendere un tè nella mia comune, e lei grazie, ma vieni piuttosto all'hotel Lux, ti faccio conoscere mio marito.

Eccomi wertherizzato, mi sono detto. Ma pazienza, è un'intellettuale vera, non una che ha sentito nominare Klopstock da qualche amico di suo padre. Così, nonostante tutto, l'ho accompagnata all'hotel Lux e ho stretto la mano a suo marito. Fritz, proprio Fritz, come nelle barzellette, ma anche lui naturalmente intellettuale e intelligente, bell'uomo poi, a differenza di me, e in fatto di nomi un Mario Rossi fa meglio a non scagliare la prima pietra.

Fra noi tre, Edda, anzi Hedda come diceva Fritz con un sospirino che gli invidiavo quasi quanto la moglie che secondo me pur con tutte le sue qualità non meritava, era quella che aveva avuto le carte migliori in tutto, non solo per il nome che con quel sospiro perdeva ogni alito di bruttura fascista, ma anche per bellezza, intelligenza, praticità e, quando ne aveva bisogno, per fortuna.

Ah, mon ami, direbbe Laurent se mi sentisse adesso, cherchez la femme, ho sempre sospettato che ci fosse una donna dietro il tuo silenzio sui mesi in Unione Sovietica. E io gli direi hai ragione, ma hai anche torto.

Però Laurent non mi sente, sta correndo per venirmi in soccorso e ansima, pesante e lento, povero Laulent, e non ce la farà a uccidere l'ufficiale tedesco che mi appoggia la canna della pistola sulla nuca prima che spari. Io la fortuna di Edda non ce l'ho, e soprattutto continuo a ripetere gli stessi errori, per questo sono finito a combattere in questa guerra incivile spagnola dalla parte sbagliata e sto per morire ammazzato in mezzo alla strada come un cane rabbioso per mano di un camerata nazista a cui ho assolutamente dovuto pestare i piedi invece di farmi gli affari miei.

Visto alla moviola, quel che ho fatto non ha senso. Mi sono avventato da solo e a pistola scarica contro sei tedeschi ubriachi e armati fino ai denti perché stavano tormentando un cane randagio. Un cane, non un cristiano. Laurent aveva cercato di fermarmi, ma io, come sempre, niente.

Come se non ne avessimo viste di ben altre che crocifiggere un cane a un albero, la casalinga di stamattina, il repubblicano di ieri che avrebbe fatto meglio a non aspettare di esser fatto a brandelli per cantare ai suoi l'inno del tradimento e a noi il salmo della vergogna, e poi tutto il resto da settimane e settimane.

Il mondo è un luogo crudele. Il randagio creperà inchiodato a quest'albero o a un altro, come se non avessi cercato di far niente, mentre i camerati seminano le mie ossa nella polvere di questa strada e raccolgono carne cruda da buttare sul mucchio. Smetti di correre, Laurent, e non sparare, non ne vale la pena. Finirai male anche tu, e per che cosa? È solo un ennesimo errore di rotta il mio, mi sono addormentato al timone e senza l'intervento degli Dei manderei la nave a fracassarsi sugli scogli. Ma Roma sarà fondata, tranquillo, non sarò certo io ad aver cambiato il corso della storia, e poi per un cane randagio.

Ma anche tu non mi stai a sentire, mentre mi rimproveri di non ascoltarti. Apri gli occhi e guarda, almeno, non lo vedi che tutto questo è tanto inumano quanto è stupido e che i tedeschi sono troppo fradici per capire cosa sta succedendo, non parliamo di evitarlo?

E tu, Edda mia, che sei restata a Mosca con tuo marito come se non vedessi e non sentissi cosa ti succedeva intorno, e anzi mi dicevi non capisco, Mario, perché vuoi andartene proprio adesso? La causa ha bisogno di noi, abbiamo tutti l'obbligo di fare del nostro meglio. L'inferno, cara, le dicevo, è pavimentato di tattica sui marciapiedi e lastricato di strategia in carreggiata. Non perdere la fede, scuoteva la testa bionda lei, sarebbe un gran peccato, Mario, tu sei uno dei più validi, un aiuto prezioso. Parliamone, forse riuscirò a convincerti, ci sono ancora tante cose che non ti ho detto. Vero, Fritz? Dobbiamo mettere Mario addentro alle cose, dillo anche tu.

Attenta, Edduccia, ho pensato quell'ultimo pomeriggio chiudendo il rubinetto del samovar prima che la tazza si riempisse. Attenta, amore, le mura hanno le orecchie e i tuoi desideri potrebbero essere esauditi. "Hai ragione", ho detto sorridendo, "parliamo, ma domani, adesso perdonami, non posso prendere un altro tè, avevo anticipato la consegna di un articolo e me ne sono completamente dimenticato, sono in ritardo".

Come fu dolce l'ultimo bacio sulle guance, e come fu amaro sgattaiolare via di notte dopo aver rimpinzato lo zaino del minimo indispensabile. Come fu vasta e difficile da attraversare, l'Europa. Ma a casa non mi sono potuto fermare, avevo una fame rabbiosa di combattere, di sbattere il naso di tutti i miei ex compagni sulle macerie che stavano scaricando ai piedi dell'angelo della storia, ciechi e sordi, da ciascuno il suo.

E adesso sono qui.

Fermati, Laurent, sei ancora in tempo. Che te ne frega del soldato tedesco ucciso dal mio ufficiale perché voleva impedirgli di farmi fuori come un cane? Bravo soldatino umano e idealista, mi stai cascando davanti al rallentatore come se Cristo dicesse prendi e pentiti, Mario, sei venuto, hai visto, e cosa credevi di vincere? Fino all'ultimo respiro avrai sbagliato strada.

Però, prima di incontrare Edda, prima di partire per l'Unione Sovietica, prima di entrare nel Partito Comunista, prima di lasciare il liceo a metà, disgustato, prima di entrare al ginnasio per sete di sapere, prima di beccare due ore di ginocchi sui ceci per esser salito sul banco alle medie e aver gridato abbasso i preti, prima di capire che al portiere del Comunale di Firenze piaceva accarezzare i capelli ai ragazzini e che in cambio li faceva entrare ad ascoltare dietro le quinte se stavano zitti e quieti, prima di scoprire che Stravinsky anche sentito solo dalla strada quando provavano con le finestre aperte dava la pelle d'oca, prima di scrivere versi d'amore per la maestrina di quinta elementare che dava da leggere a chi le voleva traduzioni fatte da lei di versi surrealisti e dadaisti, prima di lasciare la chiesa a metà messa per protesta, prima di chiedere al prete in confessione perché Dio rifiutò i doni di Caino, prima di chiudersi le orecchie con le dita per non sentire i colpi, i pianti e le urla di mamma, prima di tutto quello che è venuto poi c'ero io come ci sono adesso e come ci sarò ancora per un ultimo istante. Io che ti dico: non sparare, Laurent, cambia strada finché puoi, non tutto il mondo è un luogo crudele, basta cercare. Vai via, lascia sprofondare questa Spagna nel mare di sangue che abbiamo deciso di versare, volta pagina senza recriminare.

Se non ti ho mai voluto raccontare di Edda non è stato per dolore, né per amore, né per rimorso, ma semplicemente perché ormai di tutte le strade sbagliate che avevo preso quella era una delle meno importanti.

Lasciare Mosca è stato tanto facile quanto lo sarà scendere agli inferi fra un momento, tirato in basso dal peso delle mie azioni.